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CONTENUTO ANTICO PER IL “NUOVO UMANESIMO”

novembre 12, 2019

LA SCOPERTA DELLA NATURA NONVIOLENTA DEI NOSTRI PROGENITORI PALEOLITICI CONSENTE DI INDURRE UNA SERIE DI VALORI PROPONIBILI OGGI COME SCIENTIFICAMENTE FONDATI

APPELLO AI GIOVANI. Nell’ambito dei discorsi di insediamento del governo giallo-rosso (sett. 2019) il presidente Conte ha evocato l’esigenza di un “nuovo umanesimo”. Alcuni vi hanno visto il desiderio di staccarsi nettamente dai disumani exploits salviniani contro gli immigrati del suo precedente governo, ma in realtà si tratta di idee elaborate principalmente in ambito cattolico con cui Conte era entrato in contatto in precedenza. L’umanesimo alimenta da mezzo millennio una diatriba accesa e profonda, nata come reazione all’integrismo religioso del Medioevo ma caduta, secondo una critica diffusa, in un eccessivo antropocentrismo; inoltre ha ignorato alcune dimensioni dell’umano, come quella spirituale e quella sociale. Si può ricordare la critica di Maritain che ha parlato di umanesimo integrale, appunto per recuperare quelle dimensioni. Conte non è entrato nei dettagli, ma ha specificato che il termine “nuovo umanesimo”, va inteso non come programma di governo ma come orizzonte ideale per il Paese. Ha richiamato anche il grande filosofo e pedagogista Edgar Morin, che parlava appunto di un nuovo umanesimo integrale in grado di affrontare i temi della persona e del pianeta. Oggi i giovani, diceva Morin, sono chiamati ad affrontare un compito assai ampio: la salvezza del genere umano, e devono essere educati in vista di questa grande missione. È necessaria, ad es. la socievolezza, l’unione, non l’individualismo o la frammentazione.

UNO SPUNTO innovativo e originale per un nuovo umanesimo, applicabile all’educazione e alla politica, lo possiamo ricavare da un piccolo libro uscito di recente, intitolato ad una rivoluzione nonviolenta e allo studio della natura umana.* L’autore Piero P.Giorgi, uno scienziato neurobiologo, esprime con questo lavoro intenti divulgativi, pur non riuscendo a nascondere la sua formazione scientifica, tenuta a documentare rigorosamente ogni passaggio. La scoperta della natura nonviolenta della specie umana è il fatto da cui prende le mosse. Si tratta di una scoperta eccezionale, perché tutta la cultura umana millenaria è impregnata di pessimismo nei confronti di violenza e guerra, ritenendole sempre esistite, appartenenti alla natura umana e quindi ineliminabili. Con questa scoperta recente (nel 2014 un gruppo interdisciplinare ha avallato come scientificamente fondata l’ipotesi della nonviolenza paleolitica), guerra e violenza caratterizzerebbero solo una piccola parte della storia recente dell’umanità (5-6 mila anni), mentre per un periodo assai più lungo (50-200 mila) sarebbe fiorita nella nonviolenza. Quest’ultima, del resto, appartiene ad ogni specie animale, nessuna delle quali, neppure le più feroci, uccidono membri della propria specie, come gli uomini d’oggi. Ecco i principali apporti a questa scoperta interdisciplinare.

LA RICERCA paleontologica basata su numerosi reperti, conferma che le prime scene di violenza sull’uomo appaiono soltanto dopo la scoperta della produzione del cibo (coltivazioni e allevamenti) col conseguente abbandono del nomadismo. Gli studi sul cervello umano hanno evidenziato nella formazione del carattere un ruolo preponderante degli stimoli ricevuti dall’esterno rispetto a quelli ereditari (Dna). Fondamentali sono poi gli stimoli ricevuti nella prima infanzia: i bambini sono “piccoli geni”, dato che il loro cervello, in fase di formazione, consente loro di acquisire in brevissimo tempo quello che più tardi potranno imparare, con tempo e fatica molto maggiori (ad es. le lingue straniere, ma anche gli atteggiamenti di fondo verso la violenza, la socialità, la spiritualità ecc.). Gli studi sul cervello hanno anche verificato la vocazione umana alla socialità dall’aumento della prominenza della fronte, sede della parte di cervello preposta alle funzioni sociali, rispetto alla fronte sfuggente dei reperti umani più antichi. La ricerca antropologica recente sui popoli cacciatori-raccoglitori nomadi, alcuni dei quali esistenti ancora oggi, ha confermato che la nonviolenza viene perseguita attivamente con strumenti atti a risolvere pacificamente eventuali controversie che si manifestassero al loro interno. Questi apporti convergenti di scienziati competenti in diverse discipline, hanno consentito di giungere alla scoperta della nonviolenza umana: non dando certezze, ma non trovando negazioni. Del resto questo è il procedimento che spiega l’andamento esponenziale delle attuali conoscenze scientifiche: la fecondazione interdisciplinare, accoppiata con l’imponente progresso tecno-scientifico e la globalizzazione delle informazioni. In questo caso la ricerca scientifica illumina e fa progredire anche gli studi umanistici, dato che nessuno degli antichi poteva conoscere quello che oggi sappiamo, anche sul lontano passato.

NATURA UMANA. La nonviolenza dei nostri progenitori ha condotto anche ad esplorare altre caratteristiche del loro comportamento, fino a delineare quella che è, o dovrebbe essere, la natura umana. Questa viene intesa qui non in senso giuridico, filosofico o religioso, ma in senso zoologico, o meglio, trattandosi di umanità, in senso bio-culturale, dato che la cultura è la componente più decisiva nella determinazione dell’uomo. Oltre alla nonviolenza, vengono elencate dal Giorgi, in accordo con gli altri studiosi, le seguenti qualità: empatia, contrapposta al sospetto; solidarietà, contrapposta all’egoismo; cooperazione, contrapposta alla competizione; spiritualità, contrapposta al materialismo. L’empatia ha un ruolo importantissimo e si acquisisce prevalentemente col contatto fisico del bambino con la madre per almeno due anni. Peraltro, come accennato, l’evoluzione culturale, che caratterizza l’essere umano, non è di tipo individualistico ma essenzialmente sociale, comunitario. Ciò vale anche per le due successive caratteristiche. La solidarietà, grande virtù ignorata dall’individualismo imperante e la cooperazione, che è diventata sempre più importante oggi col crescere del contenuto immateriale dell’economia; questo peraltro getta ombre sulla competizione, tanto esaltata dal pensiero economico main-stream (anche in sede europea). La spiritualità infine non va trascurata perché è componente fondamentale per distinguere gli umani dagli altri animali e probabilmente ha un ruolo notevole anche nella crescita umana.

IN DEFINITIVA è importante comprendere che la perdita di questi 5 valori: nonviolenza, empatia, solidarietà, cooperazione e spiritualità, lungi da un progresso, costituisce perdite reali di umanità. Essendo scientificamente fondate, come visto, possono essere proposte a chiunque, laicamente, prescindendo da fedi o ideologie. Superfluo sottolineare che questi valori sono oltremodo necessari anche per combattere le altre minacce che gravano sull’umanità: dal riscaldamento globale al degrado economico e ambientale. Grandiosa intuizione del nostro ex-premier quando parlava di nuovo umanesimo, sperando che qualcuno la riprenda.

* Piero P. Giorgi, La rivoluzione nonviolenta, Lo studio della natura umana può evitare una rapida estinzione, Gabrielli editori, Verona 2019