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EUROPA PER LA PACE

giugno 15, 2019

NON C’È STATO MERCATO O ECONOMIA ALL’ORIGINE DELLA COMUNITÀ EUROPEA. URGENTE RECUPERARE I VALORI ORIGINARI

scheda tratta dall’intervento del prof. Valerio Onida all’incontro del 6-6-2019 alla Sala civica di Merate

SOVRANITÀ. Nella lotta millenaria per contenere l’arbitrio dei governanti nei confronti dei sudditi, meritano di essere segnalate alcune tappe fondamentali: le rivoluzioni liberali e il grande shock costituito dalla seconda guerra mondiale. Con le prime furono esaltati i grandi ideali democratici, come “liberté, egalité, fraternité”, divisione dei poteri, ecc.; con la seconda vennero dichiarate (da Roosvelt) le 4 libertà fondamentali (di pensiero, di religione, dal bisogno, dalla paura); successivamente, con l’istituzione dell’ONU e la Dichiarazione universale dei diritti umani, venne modificata anche l’idea invalsa di sovranità. I poteri sovrani – cioè senza alcuno sopra di sé – erano praticamente già aboliti da quando gli stessi governanti dovettero sottostare alla divisione dei poteri (legislativo, amministrativo, giudiziario), con le conquiste liberali. Ma queste erano state disconosciute dai fascismi, impostisi in alcuni paesi sulle ferite delle “inutili stragi” della prima guerra mondiale e della grande crisi economica del 1929. In Italia il fascismo aveva sviluppato il culto del capo e della forza, al di sopra di ogni potere o Costituzione, con la necessità di preservare la ”purezza” della “razza italiana” evitando incroci. Così la seconda guerra mondiale ebbe come motivazione ideale la lotta da parte delle democrazie liberali ai totalitarismi fascisti, che minacciavano la pace.

LA GUERRA, fino ad allora, era ufficialmente riconosciuta come lo strumento per risolvere i conflitti: è evidente che tra due stati sovrani, che non riconoscono alcuna autorità superiore, la possibilità di soluzione, in mancanza di accordo fra loro, non possa che passare dal conflitto bellico. Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale però l’opinione pubblica prevalente era diventata contraria alla soluzione bellica. Poté così nascere nel 1945 l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), con la quale gli Stati aderenti rinunciavano a una parte della loro sovranità, impegnandosi a risolvere pacificamente le controversie nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui. L’articolo 11 della nostra Costituzione è perfettamente allineato a questo ordine di idee, parlando di ripudio della guerra, di limitazioni della sovranità, di “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni” e di promozione delle organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

ANCHE L’EUROPA nasce in questo contesto post bellico: un continente ricco e acculturato più di ogni altro, ma devastato da secoli di guerre intestine, aveva la prioritaria necessità di qualcosa che rendesse materialmente impossibile la soluzione bellica al proprio interno. Questa è stata la prioritaria motivazione dei padri fondatori: dovettero confrontarsi con l’enorme diversità dei popoli europei per tradizioni, lingue, culture, economia, cercando di far prevalere i valori comuni, anzitutto la pace, e di trarre vantaggio dalla diversità. L’itinerario però non poteva essere che lungo e graduale. Dopo un primo trattato nel 1948 a Bruxelles di alcuni paesi fondatori, fu istituita la CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio) col trattato di Parigi nel 1951, seguita poi nel 1957 dai trattati di Roma che istituirono l’Euratom e la CEE (comunità economica europea). Nel 1965 le tre autorità settoriali CECA, Euratom e CEE furono fuse con l’istituzione di un’unica Commissione e di un unico Consiglio. Nel 1985, con l’accordo di Schengen, Francia, Germania e Benelux abolirono le frontiere istituendo uno spazio di libera circolazione, poi estesa anche ad altri paesi. Data 1986 un accordo per completare la costruzione del mercato interno e avviare un primo embrione di unione politica, denominato Atto unico europeo. Del 1992 è invece il trattato di Maastricht, che cercò di accelerare verso l’unificazione politica con la nuova denominazione di Unione europea (anziché comunità) e stabilì le regole per l’entrata del folto gruppo di paesi dell’est. Maastricht fu firmato da 12 paesi, dato che nel frattempo si erano aggiunti, ai sei fondatori, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, Grecia, Austria e Finlandia. Questa accelerazione fu anche spinta dai timori francesi riguardo alla Germania che nel 1990, dopo il crollo del muro, si era riunita con la sua frazione orientale, diventando la maggiore potenza economica europea.

FRENATE. Questo processo di crescita che ha portato oggi all’adesione di ben 28 paesi (meno uno qualora si realizzasse la Brexit) non è stato privo di soste e riduzioni. Il progetto di Costituzione europea redatto nel 2003 fallì per la bocciatura di Francia e Danimarca, anche se buona parte dei suoi contenuti furono ripresi nel successivo trattato di Lisbona del 2007. Ma è soprattutto negli anni successivi, con la forte crisi economica, che si sono fatte più insistenti le voci contrarie all’Europa. In Italia, in particolare, l’Europa è stata accusata di impedire l’adozione di politiche espansive a causa dei rigidi vincoli di bilancio imposti dall’ideologia “ordoliberista”. Politica che, invece, ha favorito la Germania e altri paesi nordici. Un’accusa certamente non infondata, ma non tale da mettere in discussione gli enormi vantaggi dell’adesione all’Unione, riguardanti la pace, ma anche la stessa economia del nostro paese. Si accusa pure il predominio dell’economia e della finanza, la carenza di socialità e perequazione, ma questi difetti vanno ricondotti al generale processo di globalizzazione, piuttosto che alle politiche dell’Europa. Invece è certo che quest’ultima è l’unica via percorribile per dare anche ad un paese relativamente debole, come il nostro, un peso negli equilibri mondiali, potendo solo un’Europa forte e unita avere voce in un mondo dominato dalle nuove potenze orientali, dai giganti informatici e dallo strapotere economico multinazionale.

COLONIALISMO. Un’altra accusa spesso rivolta all’Europa è quella di essere stata l’artefice del colonialismo nel mondo. Ufficialmente abolito nel 1945 con l’istituzione dell’ONU, è proseguito però lo sfruttamento dei paesi colonizzati, soprattutto attraverso la via economica, specificamente con la spoliazione delle loro risorse naturali e umane. Soprattutto per motivi demografici, bellici e ambientali, ma forse anche a causa di tale spoliazione, è da ricordare il fenomeno migratorio, oggi di grande attualità, specie dall’Africa. La gestione dei flussi migratori non è diventata di competenza europea, come sarebbe logico, ma fatti recenti hanno dimostrato quanto inefficiente sia lasciare a singoli Stati, talvolta governati da gretti demagoghi, un fenomeno globale come quello migratorio. Un intervento in questo campo è tanto più urgente se si pensa che, grazie al rapido riscaldamento globale, le migrazioni sono destinate ad una prossima crescita esplosiva, dato che il riscaldamento comporta la desertificazione di molti territori coltivati e l’ulteriore impoverimento di aree già degradate.

IN DEFINITIVA, da questi brevi cenni si evidenzia un cammino dell’umanità per affrancarsi dalla peggiore delle disgrazie in cui può incorrere: la guerra. La via maestra è l’integrazione degli Stati, nel caso specifico, nell’Unione europea. Il fatto increscioso è che le obiettive difficoltà, specie economiche, hanno fatto dimenticare nel nostro paese le idealità e i valori che sono stati alla base di questo lungo e faticoso processo: pace, libertà, uguaglianza, diritti umani e civili, da garantire ad ogni uomo in quanto tale, anche agli stranieri, anche contro gli stessi Stati. Fenomeni dirompenti, come il riscaldamento globale e le migrazioni, spingono ulteriormente verso un’accelerazione del processo integrativo, perché richiedono soluzioni globali. Soluzioni nazionaliste o di corta veduta (come la chiusura dei porti) sono davvero un far tornare indietro le lancette della storia. Invece l’Europa, che è stata e in parte ancora è all’avanguardia del progresso scientifico e sociale, ha il dovere, di fronte al mondo, di riprendere e completare il processo federativo a livello continentale, oltre al rilancio della missione dell’ONU a livello globale.