SÌ, IL CAVALIERE È POLITICAMENTE SOLO

PERCHÉ ESTRANEO ALLA CULTURA DOMINANTE

Lettera di SANDRO BONDI su La Repubblica — 05 luglio 2010   pagina 4   sezione: POLITICA INTERNA

Caro direttore, per una volta sono d’accordo con Aldo Schiavone che ha scritto un articolo intitolato “La solitudine del Cavaliere“. Sì, è difficile negare la solitudine politica del presidente del Consiglio. Sarebbe interessante, tuttavia, discutere delle cause e della natura di questa solitudine. Berlusconi è un leader politico che registra un altissimo indice di consenso nell’opinione pubblica, tanto più significativo se paragonato a quello degli altri capi di Stato e di governo degli altri Paesi europei, e nello stesso tempo viene descritta una sua presunta solitudine. Questa presunta solitudine non deriva dalla mancanza o dalla diminuzione della fiducia e di consenso da parte degli elettori. E siccome la forza di un leader politico deriva dal consenso degli elettori, questa supposta solitudine di Berlusconi non equivale ad una debolezza politica. La mia opinione è che questa solitudine rappresenti una profonda estraneità di Berlusconi al mondo politico, istituzionale e culturale dominante in questo Paese. Un mondo, quello formato dalle alte magistrature istituzionali, dagli instancabili professionisti della politica, da una parte della magistratura e dalla stragrande maggioranza della cultura fanatizzata, che è totalmente avulso dalla realtà del Paese, ma che continua ad esercitare un potere di veto derivante da una architettura istituzionale, dalla sedimentazione di norme burocratiche e da privilegi medievali superati dalla storia.

L’Italia è l’unico Paese in cui agisce e prospera una nomenclatura politica, istituzionale e culturale, simile a quella di certi regimi comunisti nella loro fase di declino capace di accreditarsi come la vera e più autentica rappresentante dell’Italia, in alternativa a tutte le libere consultazioni democratiche. Questo corto circuito della verità spiega come sia possibile da parte della stampa e dei poteri dominanti far passare la legge sulle intercettazioni, in seguito alla quale l’Italia diventerebbe un Paese più moderno, come un attentato alla libertà e alla democrazia; come sia possibile urlare al rischio della dittatura se solo si accenna ad una riforma istituzionale che assegni maggiori poteri al premier o al presidente della Repubblica; come sia possibile contrabbandare una riforma della giustizia che sarebbe la regola perfino nei Paesi in via di sviluppo come un attacco alla Costituzione; come sia possibile affibbiare alla riforma dell’università o delle fondazioni liriche l’etichetta di attentato alla scuola e alla cultura.

Questo corto circuito della verità spiega come sia possibile che coloro che utilizzano l’informazione come una clava contro gli avversari politici siano poi gli stessi a denunciare l’assenza di libertà d’informazione. Se tutto questo è vero, la solitudine di Berlusconi, e la sua percezione di un mondo in cui non si riconosce, è propriamente l’estraneità ad un mondo vecchio, conservatore, venato da grossolane ipocrisie, che purtroppo alligna anche nel partito che, nelle intenzioni di Berlusconi, avrebbe dovuto essere una novità assoluta nel panorama politico italiano. Proprio perché sono convinto che la solitudine di Berlusconi non sia la conseguenza di errori politici, quanto dell’incompatibilità del suo programma di rinnovamento con tutti i conservatorismi della politica politicante, delle istituzioni reali, della cultura dell’odio e perfino di alcuni interessi economici consolidati. Per questo c’è ancora la possibilità, anzi la necessità, di una nuova rivoluzione berlusconiana.

L’autore è ministro della Cultura e Coordinatore del Pdl


Una Risposta to “SÌ, IL CAVALIERE È POLITICAMENTE SOLO”

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